
Non ho ancora letto “Spatriati”.
Sono ben disposto, ma non posso ancora dire cosa ne penso.
Peró ho letto delle dichiarazioni dell’Autore riguardo al desiderio suo e di quelli come lui di non essere definiti.
Tra la necessitá aristotelica della definizione per attivare qualsiasi conoscenza, al pirandelliano unonessunocentomila (tanto per citare due riferimenti impensabili nel contesto in cui vado a muovermi) Desiati pone un’istanza di coscienza antropologica che porta libertá a tutti, e soprattutto può portarla a quel mondi GLBTQ+ che pare inventare categorie e sottocategorie con infinita capacitá nella scissione degli elementi, atteggiamento tipico di chi ha subito per secoli una dimensione subalterna di persecuzione, e che teme, non senza ragioni, che ogni possibile differenza sia in pericolo e vada denominata, catalogata e protetta, fino all’autoreclusione in un dogma capace di coprire ogni dettaglio. La personalitá umana però è di piú: Desiati sembra affermarlo con vitalità e creatività. Forse anche il mondo LGBTQ+ potrá uscire dai suoi dogmi, dalle sue oligarchie, dalle sue chiese, e aiutare ancora una volta tutta l’umanitá ad essere libera. L’arte arriva prima, molte volte: forse Desiati è arrivato prima.